Comunicare la sicurezza. Intervista al Questore di Venezia Maurizio Masciopinto

Dall’osservatorio di Questore di Venezia della Polizia di Stato cosa suggerisce ai media per comunicare in modo efficace le news sull’ordine pubblico e la sicurezza?

Quando si tratta di suggerire qualcosa a chi fa un altro lavoro sono sempre molto prudente perché credo che uno dei limiti, oggi, proprio per quanto riguarda la comunicazione, sia quello della tuttologia; abbiamo chef che parlano di coronavirus o preparatori atletici che confondono le idee quando parlano i virologi. A mio parere nella comunicazione è importante rispettare la competenza perché il valore della competenza è quello che fa la differenza nella costruzione complessiva di una società più sicura. Attualmente l’informazione viaggia ad una velocità pazzesca ed una cattiva notizia o una notizia comunicata male, crea sicuramente sentimenti di allarme e di preoccupazione. Ecco, quindi, che mi permetto umilmente di suggerire di esporre i fatti e raccontarli utilizzando sempre le fonti competenti poiché molto spesso accade che chi ha la responsabilità in alcuni settori e/o funzioni tende, in generale, a porre l’attenzione su altri argomenti di modo tale da scostare l’attenzione sulle competenze altrui. Il concetto chiave di questa riflessione sta quindi nel rispetto della competenza considerata come linea guida in ogni sorta di relazioni. Questa idea va ovviamente applicata anche all’informazione.

Secondo Lei Venezia quanto è comunicata come città sicura a livello locale, regionale, nazionale, internazionale? Vede differenze?

Da alcuni anni il tema della sicurezza è diventato un argomento che ha assunto sempre più una pregnanza ed un fattore di propaganda politica. Ciò produce un clima allarmistico perché molto spesso tende a creare una vera e propria psicosi dell’insicurezza. Dobbiamo sempre tener presenti due fattori: la sicurezza reale e la sicurezza percepita. Viviamo in un contesto tale per cui una città così come un territorio possono considerarsi sicuri quando sia la sicurezza reale che quella percepita coincidono. Il modello comunicativo attuale, spesso, crea maggiore allarme, trasmettendo ai cittadini una percezione di insicurezza. Un esempio, risale allo scorso 18 gennaio quando un uomo di colore si è spogliato e si è tuffato in costume per farsi un bagno ai piedi del Ponte della Costituzione o di Calatrava. L’episodio è stato segnalato da molti cittadini veneziani, quasi fosse un avvenimento tale da pregiudicare la sicurezza della città. Di recente o in passato invece molti turisti, sotto l’effetto dei fumi dell’alcol, si sono lanciati nel Canal Grande, e tale episodio è capitato molte volte anche dal Ponte di Rialto. Qual è la differenza, in termini di sicurezza, tra l’episodio recente e quelli avvenuti in passato? Io non ne vedo, ma in un clima come quello attuale, dove c’è un livello di tensione altissimo rispetto al tema della sicurezza, il tuffo di un uomo di colore nel Canal Grande desta allarme, contrariamente, il tuffo di un turista americano a Rialto, fa sorridere. Credo che Venezia, invece, vada raccontata per la sua sicurezza, essendo ritenuta una delle città più sicure al mondo per i turisti anche e soprattutto a livello internazionale. Anziché vantare questo primato, mettendo in luce questa qualità che, ad esempio, può diventare un fattore determinante nella scelta della scuola o dell’università da parte di un genitore per i propri figli (in quanto un genitore considera non solo una proposta educativa adeguata, ma anche un contesto più sicuro dove i figli siano in maggior sicurezza) questi piccoli episodi vengono riportati nei giornali, con il solo intento di destare clamore, con un’accezione sempre negativa, generando così un clima di insicurezza. Questo credo sia l’errore comunicativo che troppo spesso si compie, dimenticandosi invece che in questa città si può camminare tranquillamente con bellissimi gioielli al collo senza correre il rischio che si verifichi lo scippo della collana o dell’orologio di grandissimo valore.

Per assicurare il buon esito di eventi ad alto livello nazionale o internazionale – ad esempio l’arrivo di Capi di Stato, ministri, G20 – quali obiettivi di informazione considera prioritari?

Questa è una città che per la sua conformazione e per la sua unicità risulta essere la sede ideale per meeting di livello internazionale. Infatti, chiunque, a livello mondiale, ha sempre piacere di passare alcuni giorni a Venezia. La città va promossa in questo senso, ben sapendo che quando si svolge un evento a Venezia, l’impegno e le modalità di svolgimento, rispetto alla sicurezza e agli ospiti, assumono un valore particolare perché è la conformazione stessa del territorio che richiede uno sforzo maggiore ma è uno sforzo che è ben ripagato dall’effetto che induce nei suoi visitatori. Un esempio: abbiamo sempre difficoltà a far capire, a chi viene dall’estero, che non è possibile giungere in albergo direttamente con l’automobile. Sembra una cosa banale, però questa cosa è di difficile comprensione. Credo che la città possa candidarsi ad essere a livello nazionale proprio una capitale per eventi internazionali perché ha una vocazione di questo tipo oltre a rappresentare un importante centro culturale e storico. Non dimentichiamo che da Venezia è partito Marco Polo, dimostrando una propensione all’internazionalizzazione. Nella città i livelli di sicurezza sono altissimi ed il sistema di videosorveglianza che vi è stato installato è tra i più dotati e strutturati d’Europa. Pertanto, considerati tali altissimi livelli di sicurezza, si può affermare che la città è quasi perfetta per eventi di portata internazionale, tenendo ovviamente in considerazione tutto quello che comporta un contesto di tal tipo in termini di difficoltà organizzative, ma che sicuramente diviene anche un’occasione per la città in termini di propulsione economica. 

Il tema della sicurezza digitale è un’emergenza. Come ridurre i rischi digitali per i giovani, le famiglie, le imprese, i servizi pubblici da frodi, virus, phishing, attacchi informatici

Il tema della sicurezza informatica è un tema che va affrontato soprattutto sotto l’aspetto culturale. Ci ricordiamo tutti, ad esempio, quando è stato reso obbligatorio l’utilizzo del casco per le moto. Fin da ragazzo sono sempre stato un appassionato di motociclette. Scherzando con i miei figli ricordo loro quando vivevo l’ebbrezza di andare in moto e far scorrere il vento nei capelli e sul volto. Quel piacere però diventò insignificante quando la mia generazione si rese conto che la sicurezza in strada era fondamentale per l’incolumità delle persone e che quindi l’utilizzo del casco era importantissimo. Tanti compagni di scuola, infatti, avevano perso la vita correndo in moto quando il casco non era obbligatorio. Perché allora dico che la sicurezza informatica è un problema culturale? Perché a livello di aziende, privati, piccole e medie imprese è importante che si acquisisca che la cultura della sicurezza passa oggi anche dalla sicurezza dei sistemi informatici. Proprio l’attuale pandemia che ci stiamo trovando ad affrontare ha portato ad un enorme sviluppo in questa direzione. Gli altissimi dati rilevati in merito agli acquisti in rete operati di recente dovrebbero indurre la pubblica amministrazione a capire che ad oggi il ruolo rivestito dai responsabili della sicurezza informatica è divenuto un posto chiave, in cui è necessario guardare alla competenza. Troppo spesso, infatti, accade che anche nella stessa Pubblica Amministrazione si guardi con troppa poca attenzione alla competenza in questo settore. Dico sempre che per capire il presente dei singoli, bisogna un po’ guardare alla propria storia, e mettere a profitto pertanto chi ha già maturato esperienza in questo settore. Oggi è necessario, pertanto, che nell’ambito della sicurezza venga fatto un investimento, e tale investimento deve imprescindibilmente tradursi nella scelta oculata di persone adeguate. E’ questo, a mio avviso, il primo passo da fare: puntare sulla competenza in questo settore.