In Piazza San Marco ai giovani laureati ha detto: “Il mondo ha bisogno di voi e delle vostre idee”. Per sostenerli cosa suggerisce a chi fa informazione?
Ciò che mi sento di suggerire a chi ha un compito così importante, ovvero quello di informare, è di conoscere di più i nostri giovani e raccontarne idee, progetti e visione del mondo. Non li ascoltiamo abbastanza, eppure io vedo ogni giorno ragazze e ragazzi brillanti e impegnati in attività e progetti imprenditoriali, culturali e sociali. Le grandi trasformazioni globali a cui stiamo assistendo e le sfide che si presentano ai nostri occhi possono essere affrontate attraverso il loro punto di vista: quello di giovani adulti che di questa epoca sono figli e possono al meglio interpretarla.
Come Ca’ Foscari comunica all’interno e all’esterno la sostenibilità di Agenda 2030?
Ca’ Foscari è stata fra le prime università italiane ad adottare una Carta degli impegni sulla sostenibilità, quando questa tematica appena cominciava ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. Oggi questo tema rappresenta probabilmente la sfida più grande che siamo chiamati ad affrontare e credo che il ruolo delle università possa essere determinante sia con la propria ricerca, la didattica e le iniziative di terza missione nel territorio. Il nostro ateneo si occupa dei temi legati all’Agenda 2030 con corsi di laurea che hanno come focus le sfide della sostenibilità, con l’attività scientifica interdisciplinare dei nostri ricercatori ma anche con progetti di stage e tirocinio. Ca’ Foscari inoltre è fra le realtà firmatarie della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità.
Considerata la Sua esperienza maturata nella pandemia Covid – 19 come migliorerebbe l’informazione scientifica rivolta alla popolazione?
L’informazione scientifica ha un ruolo importantissimo in questo momento perché offre gli strumenti per conoscere e capire una crisi sanitaria globale; nel nostro Paese l’informazione scientifica è molto presente su tutti i media, con iniziative anche lodevoli per far conoscere alle persone gli effetti di questo virus e le misure atte a contenerne la circolazione. Per contro, il diffuso e facile accesso all’informazione attraverso Internet e i social media in qualche caso ha causato effetti di infodemia, così come viene chiamato l’eccesso di informazione in cui notizie vere e false si mescolano indistintamente. Occorre una cultura diffusa dell’informazione e, al contempo, da parte dell’informazione stessa, un vaglio scrupoloso delle fonti, rinunciando alla volontà di essere, costi quel costi, i primi a dare una notizia (ciò vale soprattutto per l’informazione online). In un mondo schiacciato dalla quantità di informazione, selezionare le notizie e gerarchizzarle significa anche fare chiarezza.
Da sempre c’è un legame fecondo tra la Città e l’Università. Da alcuni decenni assistiamo al fenomeno dello spopolamento del centro storico e isole. Qual è la sua visione per affrontare questo problema in modo efficace?
Oggi ci troviamo a fare i conti con una crisi che andava probabilmente affrontata prima; per certi aspetti oggi è già tardi, stando ai numeri dello spopolamento del centro storico veneziano. La pandemia ha inoltre contribuito a mettere in evidenza i tanti problemi legati al futuro di questa città. Tuttavia, anche questa come ogni crisi è un’occasione di cambiamento, di discontinuità. Per la prima volta le istituzioni cittadine stanno dialogando insieme per un progetto comune di sviluppo di Venezia: si pensi ai progetti Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità e Study in Venice, quest’ultimo a favore della residenzialità studentesca. Certo, siamo all’inizio: occorre pensare a Venezia come a una città capace di innovare e di innovarsi senza tradire la sua vocazione di città della cultura, dell’arte e anche del turismo. Anzi, mantenendo questa sua vocazione ma reinterpretandola alla luce delle sfide e delle necessità del presente. La sfida del futuro, prossimo e immediato, è fare di Venezia un grande laboratorio aperto per lo sviluppo di una ricerca d’impatto, ripopolandola di studenti e di giovani ricercatori. Le istituzioni di questa città (a partire dal Comune e dall’università) devono continuare lavorare di concerto per far diffondere una conoscenza approfondita di questo luogo straordinario, perché per tutelarlo come merita occorre prima di tutto comprenderlo. Sotto quest’ultimo aspetto, ribadisco, il contributo che è in grado di offrire l’istituzione universitaria può risultare decisivo.