Ostuni, ponte tra Venezia e Napoli. Sergio Saggiomo racconta il Carnevale

Intervista a Sergio Saggiomo con i ricordi dell’indimenticabile Carnevale veneziano del 1982.

Sergio, napoletano doc, 60 anni esatti, una vita a far pizze e piatti della cucina partenopea. A vent’anni partecipa al Carnevale “Napoli a Venezia”, s’innamora della Serenissima e non la dimentica più.

Occhi vispi, verve ironica, lavoratore infaticabile e saggio come il suo cognome, Saggiomo. “Da giovane ho ricevuto la proposta di fare teatro e salire su un palco. Mi dicevano che avevo la stoffa giusta ma ho scelto di fare pizze e stare con la mia famiglia”, esordisce così Sergio orgoglioso dei suoi valori e del suo percorso. Lui è il titolare del ristorante/pizzeria Il Pozzo dei Desideri – Il Posto Affianco che si trova in una candida piazzetta di Ostuni. Non tira somme, Sergio, ma guarda avanti e annuncia: “In primavera inaugurerò qui accanto un altro locale”. Saranno all’insegna della creatività e della sostenibilità, bancone e rubinetto saranno infatti realizzati con tegole.

“Da 25 anni guardo il mare blu da questo belvedere e amo tutti i doni che mi stanno attorno, ad iniziare dai miei quattro figli, Giorgio, Corinne, Davide, Tommaso, e dal personale. L’infanzia, la giovinezza e la formazione sono napoletane, tutto il resto è italiano”. Il titolare si presenta in giacca bianca, il colore della città pugliese di residenza e del camicione della sua amata maschera napoletana Pulcinella, popolare e antica, generosa e ingenua, scanzonata e irriverente.

In Sergio affiorano i ricordi dell’indimenticabile Carnevale veneziano. Era il 1982, due culture si incontrarono, fu fantasia e spontaneità. Il giovane napoletano sbarcò in laguna con una compagnia di teatranti che affittò un appartamento nel cuore della città, calle Larga XXII marzo nel sestiere di San Marco. Con la loro carica di simpatia contagiarono i veneziani. In casa c’era chi cuciva, stirava, recitava, attaccava bottoni, indossava costumi. Lui faceva lo chef. In strada tutti cantavano e danzavano. “Era come se Napoli si fosse trasferita a Venezia. Ho ricordi bellissimi”. Per colazione niente caffè e cornetto ma un’ombra e un cicchetto. Sergio ha un segreto che svela: “Pizza e caffè risentono dell’umidità. Per questo preparo la pasta della pizza e macino il caffè considerando le condizioni meteorologiche”.

A proporre il gemellaggio del Carnevale furono i due sindaci di Napoli e Venezia, Maurizio Valenzi e Mario Rigo, con la supervisione di Maurizio Scaparro e Giuseppe Galasso, rispettivamente direttore e presidente della Biennale Teatro di Venezia. Galasso ricopriva contemporaneamente anche il ruolo di consigliere del Comune di Napoli. Il progetto dei due primi cittadini era quello di portare il meglio del teatro napoletano in laguna. Fu un successo, un’esplosione di colori, musica, divertimento.

Al Teatro Goldoni arrivò il poliedrico artista Leopoldo Mastelloni, alla Fenice il San Carlo rappresentò l’opera buffa Il Flaminio di Giovanni Battista Pergolesi, al Malibran recitò Mariano Rigillo nella commedia Pescatori di Raffaele Viviani. Tra i fiocchi di neve fu invasione di maschere, veneziane con Arlecchino, Colombina, Pantalone, e napoletane con Pulcinella, Scaramuccia, Tartaglia. Soprattutto i Pulcinella con la mezza maschera nera dal naso curvo erano ovunque nei campi, nelle calli, nei teatri. Il bello veniva dopo il teatro. I napoletani cantavano e agitavano i tamburelli con i residenti. L’ultimo giorno, martedì grasso, Piazza San Marco si riempì all’inverosimile. Ad ascoltare il concerto di chiusura della festa c’erano 30mila persone. Tra i cantautori il grande Pino Daniele che diede origine allo stile “tarumbò”, tarantella e blues.

Sergio Saggiomo con il caffè pronto per la macinatura
Il Pozzo dei Desideri a Ostuni