Intervista in esclusiva a Benno Albrecht, una vita allo Iuav, studente, docente, rettore.
21 marzo evento alle Procuratie Vecchie con tre ministri per “Italia Domani – Dialoghi sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
Benno Albrecht, nato in Venezuela da famiglia triestina, è il dodicesimo rettore dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Dopo la maturità si è iscritto allo Iuav e da lì non se ne è più andato.
Tante idee, quali progetti?
Il periodo storico è strano ma è favorevole in quanto ci sono grandi piani di investimenti. Il tentativo che lo Iuav sta facendo è quello di dare una mano, per quello che sappiamo fare, a Venezia per darle dignità.
Mi sono preso la briga di portare avanti e dare sostanza all’ipotesi di riuscire ad avere a Venezia una forte presenza di studenti affinché diventi “Venezia Città Universitaria” che non è mai stata.
Devo dire che mi è semplice parlare con il ministro Brunetta che è uno Iuav – è stato docente 10 anni – e con il sindaco Brugnaro che è uno Iuav. Entrambi parlano il linguaggio della progettazione; hanno capacità progettante, imparata qua, e sguardo proiettato in avanti.
Cosa significa fare di Venezia Città Università?
Venezia non lo è e non lo è mai stata. Se guardiamo al passato la Serenissima aveva spostato tutto a Padova. Venezia ha 3 livelli: città del turismo, città della produzione (una storia entrata in crisi) e città della cultura (l’imparare ad alto livello). I primi due livelli sono mobili. Pensavamo che quello del turismo fosse rigido, in realtà abbiamo visto che non è così. Quei due si muovono, il terzo è più costante e può servire da registro, da base agli altri due, altrimenti siamo senza rete. Per questo bisogna lavorare per riuscire a trasformare Venezia, dargli fiato affinché il terzo elemento diventi forte: una città universitaria, appunto, una città della ricerca. Su questo sono tutti d’accordo.
Quant’è la massa critica per riuscire a tenere?
Abbiamo fatto dei calcoli dettagliati, più o meno vuol dire raddoppiare la popolazione studentesca. Venezia adesso ha 28mila studenti, bisogna raddoppiarli, portarli a 60mila altrimenti non c’è massa critica. Questo significa innescare e ravvivare un sistema di relazioni tra terraferma e isole con il Lido, tra via Torino e Santa Marta, creare residenze per gli studenti, posti di lavoro perché la gente si fermi a vivere a Venezia. Significa creare un sistema di relazioni con le altre due città veneziane, la città della produzione e ovviamente avere vicino i luoghi di ricerca avanzata che fa bene a un sistema produttivo economico, e l’altra città, quella del turismo per avere un sistema di persone e di afflussi costanti con un indotto molto forte, 30mila persone in più che prendono il cappuccino e la brioche. Per fare questa politica ci vuole tempo.
L’occasione è la neonata Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità?
Potrebbe essere un tramite per fare questo progetto. Il “Venezia come Boston” promosso dal sindaco Brugnaro non è solo uno slogan ma è suffragato da concretezza e cifre. Lo Iuav ha già pronto il business plan. Quando mi danno il fischio di inizio sarò operativo. La data del semaforo verde potrebbe essere il 21 marzo. Ci sarà un polo veneziano molto più forte con corsi di studio universitario e postuniversitario che adesso non esistono. Nascerà una federazione di corsi di ricerca avanzata tutto l’anno. Abbiamo bisogno a regime di 1500 professori e 30mila studenti in più. Penso possa servire per andare in controtendenza. È l’unica speranza per Venezia che ha l’indole di affossare le cose. E’ un momento storico buono e bisogna agire molto velocemente.
Sostenibilità e …
Insegno sostenibilità da 40 anni. E’ il mio argomento. Lo Iuav è di vent’anni avanti. È stata la prima università d’Europa ad avere un corso di architettura per la sostenibilità. Nel 2001/2002 abbiamo inserito la laurea magistrale in architettura per la sostenibilità che ho diretto per molti anni. Questa materia, 40 anni fa, che nessuno studiava si chiamava architettura solare. Ormai il concetto di sostenibilità è vecchio, quello nuovo è basato sulla messa in sicurezza del territorio. Da un certo punto di vista non abbiamo più bisogno di progresso ma di solidificare i beni che abbiamo in tutti i sensi, la messa in sicurezza di un patrimonio, i documenti, i saperi, la salute degli uomini. Lo stiamo vedendo, dalla pandemia alla guerra.
Ci parla dello Iuav?
Con 4500 studenti è tra le università italiane che ha il più alto tasso di internazionalizzazione. Si tratta di un dato che si misura in più parametri. Lo Iuav inoltre ha la caratteristica di essere l’unica università italiana a statuto speciale. Viviamo ancora della fama di molti grandi architetti che hanno lavorato qua. Qui si è fatta una parte della storia dell’architettura mondiale. Molti dei pensieri dell’architettura del mondo sono stati sviluppati qua dentro. Nei miei anni c’erano 12mila iscritti. Ho tanti amici presidi che parlano veneziano, in Giordania, in Libano, in Iraq. Nel tempo abbiamo perso il mondo arabo. Abbiamo perso la capacità di accoglienza, non ci siamo dedicati a questo, non abbiamo investito. Eppure lo Iuav è aperto al mondo mediterraneo, è uno dei nostri orizzonti. Personalmente ho molti contatti con il Medio Oriente. I miei studi sono rivolti soprattutto ai processi di ricostruzione post bellici.
